mercoledì 4 luglio 2007

Gustavo: Decima Parte

16 marzo ’81

Hotel Leonardo
Via Tavoleria, 17
Pisa

Ore 21 e 30

Maddalena poteva spiccare il volo.
Davvero, credevo che non l’avrei più rivista.
Che cazzo d ‘inizio.
Addio caso.
Addio incarico.
Spiacenti Dott.ssa D’Amico comunicarLE.
E invece.
Invece no.
L’ho sottovalutata.
Ho sottovalutato il fattore kappa.
Abbiamo la pellaccia dura, noi donne.
Manco la violenza, ci abbiocca!
Insomma. Stamattina, e molto presto anche, mi sono piazzata davanti a Veterinaria.
Una bella cimice, in tasca. Accesa.
I bidelli hanno spalancate le porte.
Non verrà. Non verrà.
M’aspettavo che non venisse.
L’hai già scritto, non starti a ripetere.
Diario, non rompere, certo che l’ho già scritto, lei invece è arrivata.
Trafelata, ma è arrivata.
Dritta verso di me.
Occhi gonfi, cuore gonfio, incazzata a bestia.
Buon segno.
“Vieni un po’ qua, te!”
Buon segno, cazzo!...
Ho affrettato il passo verso di lei, poi quando sono stata a tiro …
Mi ha presa per un braccio.
Mi ha puntato un dito al naso.
“Ma che credi che ce la potesse fare quella con me! ... Ha magnato il sapone! … Le son partiti due denti!”
Mi ha guardato attraverso.
Se mi denunci ti ammazzo.”
Il vulcano sta per eruttare.
“E’ successo nell’altra casa, vero?”
“Sì, l’ha contaminata con la sua presenza, quella troia!”
E quasi di corsa, senza una parola, siamo andate al Giardino Scotto. E’ così comodo, è così vicino, è di là del Ponte della Fortezza. Soprattutto, è sempre aperto quando serve.
Ci siamo sedute su una panchina.
Che bel platano.
“Non c’è nessuno, non ci sente nessuno, ora dimmi tutto!”
“Davvero mi posso fidare davvero?”
“Il tuo nome comparirà solo sulla cartella! … E la cartella in mezzo a mille altre pratiche!”
Guardando per terra, ha inspirato aria Arno e cielo, tipo atleta che prende le misure a se stesso nella gara delle gare. Poi ha alzato lo sguardo, nuvoloni sull’Appennino:
“Lei, che non voglio neanche nominare, ha preso la stanza di mio fratello, quando lui si è laureato. La cosa pazzesca … che ancor oggi io non so spiegare … è che è stato lui a mettermela in casa! … E’ meridionale come noi, educata, in 5 anni non l’ho mai vista tinta!”
“Tuo fratello te n’ha parlato così?”
“Papale papale! … Entrata in casa, lei si guardò intorno timida timida, scusa scusa, posso qui, posso là …Appena lui girò i tacchi … cadde il silenzio … Gli occhi si fecero di fuoco … col senno di poi.”
“E tu, che impressione ti facesti di lei?”
“Zitta, mi pareva un po’ troppo … zitta. Ma… lui l’aveva tanto raccomandata! E poi lo studio, la cura della casa … ”
“La sera, la sera che faceva lei? Non usciva mai … vero?”
“No, dopo cena a volte si doveva vedere con un ragazzo, ma poi subito prima succedeva sempre qualcosa, un problema, un disguido, saltava tutto e lei non usciva mai.”
“Così, mentre tu vivevi sotto una campana di vetro, lei affilava le unghie! … Di certo ogni tanto alludeva.”
“Cioè?”
“Chiaro, contro gli uomini!”
“Una volta … che le andò buca l’appuntamento, sì … s’asciugò una lacrima … buon per te che sei sola, che non te ne frega nulla del fidanzato … ammettilo, su, si vede lontano un miglio che sei ancora vergine!”
“E una persona seria … fa ‘sti discorsi a una ragazza che l’ha accolta in casa? … Le rispondesti per le rime?”
“Io ribattei, mani ai fianchi, che problema c’è! … E lei, alla prima occasione ti monterà senza riguardo uno qualsiasi, capita a tutte, è successo anche a me, ci si pente sempre dopo! … No, no, a me no.”
“Ma lei, com’ha reagito?”
“Amaramente, ha sorriso.”
“Risposta esatta, signora Longari!”
“Una sera, la sera, è uscita … ha sbattuto la porta, ho lavato i piatti, ho messo tutto a posto, cassetti, dispensa, sono andata in bagno, ho aperto il rubinetto della doccia ….”
Lungo silenzio, silenzio di morte.
“… Aspettai che il box fosse stracolmo di vapore, è il solo modo che mi rilassi veramente, le difese stavano per cadere una a una, fianco a fianco dei miei vestiti, mi sono avvolta nella schiuma, panna montata panna delicata, pronta ad abbandonarmi all’abbraccio totale, quando …”
“Tutto il tempo, lo scorpione era rimasto nell’ombra.”
“E’ fiondata una furia un turbine una colata lavica … voleva spazzare via i miei sogni, il mio sonno, se non ci s’intende un po’ tra noi donne tra chi sennò … Schiuma dappertutto, panna di meringa spezzata, il mio cuore ormai spezzato, era difficile respirare era impossibile agitarsi, lo spazio era impossibile per due, la testa contro il vetro del box, d’improvviso il vapore nascose rivelò e mani e labbra e gambe pericolosamente muscolose… sta’ ferma non ci sporcherà! ... cercai di respingere indietro, lei bocca sul collo aveva previsto ogni contromossa, era forte … quando d’improvviso, nel vapore … verso di me si fece strada … un coniglietto bianco, e non un coniglietto qualunque, il coniglietto scappato dal gabbione quand’ero bambina, si è fermato ancora una volta a guardarmi … ho stravolto gli occhi, ho urlato fuggi fuggi via da qui … se tu sei qui vuol dire che arriva dietro mio padre mio padre con la roncola … lu cazz ca te frech, la roncola … si solleva … il coniglietto … rossa frittella informe, allora parte calcione alto quasi quanto la testa calcione epico per sempre e ora come allora una persona rotolante ai miei piedi che cazzo fai sei tutta matta, chi cazz va tucchenn, cazz n'gul và truvenn', ma ora come allora io sul corpo a terra scalcio e scalcio, scalcio e scalcio, finché sangue e denti dalla bocca deformata, allora urla e braccia potenti mi strapparono via, ma da 'ddo t'ha 'scite, poi non ricordo … ora solo un piede di trionfo su un verme rosa verme schifoso, se mi denunci ti ammazzo, il verme strilla lasciami andare … ora tutto è finito di colpo, si svuota di senso, l’acqua la schiuma i miei sogni.”